venerdì 24 gennaio 2014

Il messaggio nella bottiglia - terza parte




Come predetto dal mio conoscente agente di viaggi arrivo in aeroporto a notte fonda. Non riesco a tranquillizzarmi finché Buck non è di nuovo con me, e dopo che il mio buon cane mi ha fatto a lungo le feste ci incamminiamo verso l'uscita. Mi sento parecchio intontito e stanco dopo il lungo volo, il bagaglio mi sembra pesantissimo e ho solo voglia di dormire. Oltrepasso le porte d'uscita dell'aeroporto e finalmente sono fuori, in suolo canadese. Nonostante la stagione l'aria è ancora fresca, sebbene mi trovo nella parte più meridionale del Canada fa comunque molto più freddo rispetto a casa. Respiro a pieni polmoni e come la mattina precedente davanti alla macchina rimango per qualche istante spaesato, domandandomi cosa fare. Buck mi guarda con sguardo interrogativo, come ad aspettare che io prenda una decisione. Mi ci vuole qualche secondo per realizzare finalmente di essere davvero qui, dall'altra parte del mondo, siamo soli io e Buck e dobbiamo cavarcela in qualche modo. Per prima cosa penso sia meglio trovare una sistemazione per la notte, così entriamo in uno dei tanti taxi in attesa di un cliente e in inglese gli chiedo di portarmi in un motel in città. Il tassista è un uomo sulla sessantina, corpulento e baffuto, dai modi piuttosto bruschi e di poche parole. Durante il viaggio non ne dice nemmeno una, mentre guardo fuori dal finestrino un mondo sconosciuto muoversi a gran velocità nella direzione opposta alla mia, come se cercasse di sfuggirmi per non farsi conoscere. Qualcosa, tuttavia, riesco a coglierlo: un paesaggio piuttosto brullo, con poche case sparse e piccoli paesi molto distanti tra loro, colorato da boschi di immense conifere color verde scuro. Tutto mi trasmette un'idea di dignitosa semplicità, come la modesta capanna di un boscaiolo dove tutto ciò che non serve è ignorato. Ogni tanto il corpulento tassista mi sbircia furtivamente dallo specchietto retrovisore, ho l'impressione di non stargli affatto simpatico. Io dal canto mio continuo a osservare il paesaggio fuori dal finestrino, ho ben altro a cui pensare che ad un sospettoso tassista canadese. Il sonno annebbia la mia mente e rende pesanti le mie palpebre, tuttavia non riesco a prendere sonno, l'adrenalina di aver davvero intrapreso questa folle avventura mi tiene sveglio, inoltre non è certo il caso di dormire: se il tassista non si fida di me io mi fido ancor meno, non voglio certo brutte sorprese. Così rimango tutto il viaggio in una sorta di limbo, gli occhi socchiusi a guardare fuori dal finestrino senza però osservare davvero. Buck sembra più tranquillo e dorme della grossa, dev'essere veramente esausto. Riposa, vecchio mio, domani una grande avventura ci aspetta. Dopo quello che mi è sembrato parecchio tempo arriviamo in un piccolo paese sulla costa del grande, immenso oceano, e il tassista ferma l'auto davanti a quello che sembra un ostello. Si volta e mi fissa senza dire una parola per qualche secondo, infine, per rendere chiaro il concetto, mormora: "siamo arrivati. Sono 30 dollari, per favore". Mi sembra di aver fatto la figura dello sciocco, così pago in fretta e scendo dal taxi, prendo Buck e la grossa valigia dal bagagliaio ed entro nell'edificio in legno e mattoni, dall'aria piuttosto malconcia. Nella piccola e polverosa hall un signore piuttosto anziano dorme in una grande poltrona dietro il bancone, alla fredda luce di un televisore che trasmette un vecchio film western. Mi sento in colpa a doverlo svegliare, ma non ho altra scelta, così lo chiamo più volte, prima sottovoce, poi un po' più forte. Si direbbe sordo come una campana, perché continua a dormire profondamente senza fare una smorfia. Esasperato mi vedo costretto a dover suonare la campanella sul bancone, non avrei voluto farlo ma non sembra volersi svegliare con le buone. Finalmente  si sveglia di colpo sgranando gli occhi, temo di averlo spaventato. Anche lui ha dei folti baffi bianchi molto simili al protagonista del film alla televisione, e mi scruta stringendo gli occhi. Sembra vederci anche poco. "Cosa vuoi?", mi domanda in un inglese brusco e biascicato. "Avrei bisogno di una camera per la notte", rispondo io un po' intimidito dai suoi modi poco cortesi. Appena ho pronunciato queste parole il suo sguardo affilato si rilassa e un grosso sorriso sornione compare al suo posto, sembrerebbe molto contento. "Una stanza? Ma certamente! Le darò la più bella che abbiamo, la 312, pensi che l'abbiamo disinfestata da poco!". Le parole "disinfestata da poco" non sono molto rassicuranti e non voglio nemmeno sapere da che razza di bestiacce l'hanno disinfestata, ma non è il momento di fare il difficile, così gli lascio i miei dati e mi faccio accompagnare alla stanza. "Vedo che lei viene da un paese molto lontano, cosa la porta da queste parti? mi domanda guidandomi fino alla stanza. "Motivi di lavoro", rispondo piuttosto concisamente, "l'azienda dove lavoro è molto interessata all'acquisto di un'isoletta al largo di queste coste per farne un villaggio turistico. Così mi hanno mandato per trattare con l'attuale proprietario e fare un sopralluogo. Conto di andarci già domattina". L'uomo, che fino a quel momento camminava lentamente pochi passi davanti a me, si ferma di colpo e si volta a guardarmi, incredulo e sospettoso. "Ma come?", mugugna come una zampogna, gli occhi grigi spalancati nella penombra del vecchio corridoio, "non l'hanno avvertita? C'è un forte tifone che imperversa in questi giorni, al largo della costa, e la navigazione è sospesa!". Non riesco a crederci, la mia solita sfortuna! Cercando di rimanere indifferente, sebbene un forte tifone turbina anche dentro di me, gli domando: "per quanto sarà sospesa la navigazione? "Chi può dirlo, amico mio? Potrebbe durare giorni come settimane. Non prima di cinque o sei giorni comunque, le autorità sono sempre molto caute quando si tratta di tifoni, abbiamo pianto molte persone negli ultimi anni a causa loro". Maledizione, questa non ci voleva proprio, sono partito in fretta e furia e adesso sono costretto ad aspettare. "Pazienza", mormoro esagerando indifferenza, "vorrà dire che, nel frattempo, farò il turista". Finalmente arriviamo alla stanza, lui mi lascia le chiavi e torna nella hall, immagino a sonnecchiare. Ne ho un gran bisogno anche io, così entro, mi faccio una doccia e, dopo aver messo a terra una vecchia coperta per Buck, finalmente mi corico. Succede anche stanotte, come altre tanti notti: nel momento in cui sto per addormentarmi per qualche motivo non lo faccio, spalanco gli occhi nel buio e il cuore mi rimbomba forte nel petto. Nel frattempo risuona nella stanza un flebile ma inconfondibile rumore di zampette, tante zampette che corrono per la stanza, unito a quello di Buck che ringhia sommessamente. Così mi arrendo e decido di fare una passeggiata con Buck, mi vesto velocemente ed esco. I miei passi mi conducono senza esitazione all'oceano, come se sapessero alla perfezione la strada. Il vecchio aveva ragione: l'oceano è decisamente agitato. Cavalloni alti diversi metri si infrangono con fragore sulla riva ghiaiosa, potenti e maestosi come una schiera di cavalieri alla carica. Sopra di me un incredibile cielo illuminato da miriadi di stelle, coperte in lontananza da nere nubi temporalesche. Questo oceano è l'unica cosa che mi separa dal mio obiettivo, il tesoro promesso nel messaggio. Non ho mai creduto nel destino, ma una parte di me sembra capire in questo momento che non è un caso che l'oceano mi costringa ad aspettare, che c'è qualcosa che devo fare prima di poter salpare. Qualunque cosa sia, ho intenzione di scoprirlo. Sebbene io continui ad avanzare velocemente, quasi di corsa, non riesco a scorgere oltre i miei passi, come se mi trovassi dinnanzi ad un mare di nebbia. Per il momento preferisco non pensarci, così mi sdraio qualche minuto sulla spiaggia, osservo l'infinità dell'universo che mi sovrasta e, per la prima volta nella mia vita, dimentico me stesso e la mia insignificante esistenza, sentendomi parte del tutto. Poi torno al motel, dove finalmente mi addormento, stanco e sereno, ignorando il suono delle zampette che continuano imperterrite a correre freneticamente.

2 commenti:

  1. Stupendo! Ero li con lui! Il modo in cui descrivi ciò che lo circonda ti fa entrare in empatia con il personaggio e ti fa immaginare cosa gli potrá succedere. Non vedo l'ora di leggere il seguito!
    Stefy

    RispondiElimina
  2. Sempre troppo gentile! :) sono davvero contento che ti piaccia, il seguito arriverà presto, in genere posto un capitolo a settimana, entro venerdì prossimo ci sarà!

    RispondiElimina