Mi sveglio tardi stamane, ho dormito decisamente bene ieri
notte, come mai prima d'ora. Spesso mi capitava di avere degli incubi, ne avevo
uno ricorrente in cui ero a lavoro, o più raramente a casa, e le pareti della
stanza iniziavano lentamente a restringersi, fino a schiacciarmi completamente.
A quel punto mi svegliavo sudato e spaventato, non capendo perché nella mia
tranquillità avevo incubi così frequenti. Realizzo in questo momento che i
sogni ricorrenti non sono da prendere sottogamba, credo sia il modo in cui il
nostro inconscio ci rivela ciò che con tutte le nostre forze cerchiamo di
ignorare. Prima o poi viene a galla, dal profondo del nostro inconscio, ed
esplode nella nostra mente con forza e prepotenza, finché non possiamo più
ignorarlo. Oggi posso finalmente guardare in faccia la realtà ed accettare
quello che il mio cuore ha cercato di dirmi per tutti questi anni: la mia vita
è una gabbia, e la cosa più assurda è che le chiavi per chiuderla le ho sempre
avute io. E' tempo di uscire, finalmente fuori. Mi preparo un caffè ascoltando
una canzone allegra alla radio, credo si tratti di "La", di Old Man
River. Mi ha sempre messo di buon umore, chissà perché non mi è mai venuto in
mente di ascoltarla di prima mattina, per darmi la carica giusta per affrontare
una giornata di lavoro. A volte basta poco per salvarsi, anche solo una
canzone. Non è per quello che è nata la musica, e in generale l'arte? Il caffè
di stamattina mi nausea, ne ho sempre bevuto tanto, forse troppo, e stamattina
mi causa una forte repulsione. Dopo qualche piccolo sorso decido di
buttarlo nel lavandino, non ho più intenzione di scendere a compromessi, se
qualcosa non mi piace non voglio averci a che fare. Il sole entra con
maleducazione dalla finestra della cucina, un sole radioso di inizio primavera,
che sembra promettere un futuro migliore. E' facile rinascere a primavera. Mi
faccio una doccia veloce ed esco, senza sapere precisamente dove andare.
Rimango qualche secondo imbambolato davanti alla macchina, domandandomi "e
adesso?", poi torno in me e parto, dirigendomi verso il centro. Ho
intenzione di farmi una lunga passeggiata, così parcheggio la macchina vicino
al mio vecchio liceo e inizio a camminare. Passando davanti alla mia vecchia
scuola dopo tanti anni una miriade di immagini, colori e suoni iniziano a
riaffiorare nella mia mente, prima lentamente, poi così velocemente da darmi
quasi i capogiri. Dov'erano nascosti questi ricordi tutti questi anni? Ricordo
tante piccole cose perfettamente, immagini e momenti fotografati nella mia
mente con precisione assoluta: l'intervallo con i miei amici, fuori a fumare
nel grande e trascurato giardino della scuola, all'ombra di castagni altissimi
che dovevano essere lì da secoli. Le prime cotte, le gite, l'arrivo dell'estate
e la crescente tensione che preannunciava la fine dell'anno. Non ho mai atteso
con tanta trepidazione l'arrivo dell'estate come quando ero a scuola, né le
estati sono mai state così colorate, luminose e spensierate come in quegli
anni. Continuo a camminare, passando davanti al bar dove andavamo io e un mio
amico durante le ore di religione, che non frequentavamo. Senza rendermene
conto arrivo davanti all'edificio in cui lavoro, un bell'edificio dopotutto, molto
moderno e luminoso, pieno di uffici. Mi blocco davanti alla lunga scalinata che
porta all'ingresso, costeggiata da cespugli e aiole di fiori. Una brezza
tiepida soffia dolcemente, come accarezzandomi per darmi coraggio. Potrei
ancora recuperare, dopotutto: uno dei ragazzini mi farebbe un grosso cazziatone,
cercando di farsi sentire da tutti ma senza dare a vedere che lo faccia
apposta, poi a testa bassa tornerei alla mia postazione e riprenderei a
lavorare, e a vivere come sempre. Potrei, ma allo stesso tempo non posso. Non
sono più in grado di scendere a compromessi, non dopo tutti quegli incubi, non
dopo aver trovato la bottiglia. Così mormoro timidamente "andate a quel
paese" tra me e me e attraverso la strada, verso una meta ben diversa. Dall'altra
parte della strada c'è il posto che forse mi ha fatto continuare la mia
squallida vita per tutti questi anni, facendomi sognare e sperare: l'agenzia di
viaggi di un mio vecchio conoscente. Ogni giorno, durante la pausa pranzo o
dopo il lavoro, mi fermavo a guardare la vetrina, osservando le offerte di
viaggi e sognando mille avventure diverse. Ogni dannato giorno ho cercato nel
mio cuore il coraggio di entrare e partire per un lungo viaggio, mandando al
diavolo tutto. Ogni giorno rimanevo fuori, accontentandomi di poter sognare. Ai
miei colleghi non era certo sfuggita questa mia abitudine e non mancavano di
prendermi in giro ad ogni occasione, dapprima in maniera sottile e velata, col
tempo sempre più spavaldamente e crudelmente. Ogni giorno, ma non oggi. Oggi
entro. Lui è un mio vecchio compagno di scuola, più giovane di me di due anni,
con il quale non avevo mai parlato. Non mi stupisco perciò quando non mi
riconosce, e si comporta come con un normale estraneo. "Cosa posso fare
per lei?" mi domanda sorridendo, gentile e al contempo perfettamente
sicuro di sé, il rossore del suo viso nascosto dall'abbronzatura della sua
pelle, probabile souvenir di qualche viaggio esotico. "Vorrei prenotare un
volo per l'aeroporto Internazionale di Halifax Stanfield, in Canada. Il prima
possibile." In tutta risposta si limita a premere dei tasti sul suo pc, ho
l'impressione che li stia premendo totalmente a caso, come quando nei film si
entra nel database del Pentagono semplicemente premendo il più velocemente
possibile tasti a caso sulla tastiera. "Guardi, voli diretti non esistono,
però con un semplice scambio può arrivarci senza problemi. Va bene se le faccio
fare scalo a Londra?". "Va benissimo. Quando potrei partire?"
rispondo subito, malcelando il mio entusiasmo. "Anche stasera volendo,
c'è un volo alle 22, con scambio a Londra alle 23.30 e arrivo all'una di
notte." Deve cogliere il mio sguardo stupito, perché aggiunge subito, con
un sorrisetto ironico, "ora locale, ovviamente". Rimango qualche
secondo a sentirmi un perfetto imbecille, poi guardo l'orologio: è mezzogiorno
e un quarto, se voglio prendere quell'aereo devo correre, e tanto. Senza
pensarci gli dico che va bene quello, e dopo avergli dettato le mie generalità
per il biglietto rimane un secondo pensieroso, come a cercare di ricordarsi
dove ha già sentito il mio nome. Poi ci rinuncia, mi consegna il biglietto e mi
saluta stringendomi la mano. Senza che me ne accorga mi ritrovo fuori, con il
biglietto aereo in mano e un aereo da prendere. Bene, il passaporto ce l'ho, lo
rinnovo ormai da vent'anni con la speranza che mi possa servire, devo giusto
prelevare tutti i miei risparmi, correre a casa a fare i bagagli e correre all'aeroporto.
Vi siete mai accorti di quanto il tempo passa velocemente quando si è di fretta?
E' come stringere la sabbia nel pugno della mano: più si stringe e più la
sabbia fuoriesce. Così ora, senza rendermene conto, mi ritrovo sull'aereo, dopo
una corsa contro il tempo. Ora che mi posso finalmente rilassare la paura, che
fino ad ora mi aspettava in qualche angolo buio, viene fuori. Realizzo di aver
commesso una follia: per prima cosa quella bottiglia avrà viaggiato per anni
prima che io la trovassi. Chiunque abbia scritto quel messaggio è quasi
impossibile che si trovi ancora lì, e nel caso lo sia, non troverò altro che un
cadavere. Inoltre sono davvero partito allo sbaraglio, ho solo una vaga idea di
dove devo andare, e non mi sono preparato per niente ad un lungo viaggio.
Arriverò in aeroporto a notte fonda, dove passerò la notte? Ancora una volta
finisco per sentirmi uno stupido, non ho fatto altro che passare da un estremo
all'altro. Forse, un giorno, troverò la mia via di mezzo. Guardando malinconicamente fuori dal finestrino penso a tutto ciò da cui sto scappando. Una persona più forte di me sarebbe rimasta esattamente dov'era, lottando e soffrendo ogni giorno per la sua felicità, anziché scappare. Qualunque cosa accada voglio che questa sia la prima e l'ultima volta che scappo dai miei problemi, anche se non dovessi trovare il tesoro la mia speranza è di ritornare migliore, quello sarebbe il tesoro più prezioso. Il rombo potente del
motore dell'aereo mi scuote dai miei pensieri, facendomi capire che tutto
questo è solo l'inizio.
Anche la seconda parte è stupenda! "La mia vita è una gabbia..." so' cosa significa...ma soprattutto so' cosa vuol dire rinchiudersi volontariamente in quella gabbia. Tempo fa ho iniziato anch'io a scrivere un racconto... poi quando le persone a me vicine han iniziato a dire che il personaggio era uguale a me ho avuto troppa paura di continuarlo...
RispondiEliminaTi ringrazio tantissimo, mi fanno un sacco piacere i tuoi complimenti! :) sono contento ti piaccia, spero che i prossimi capitoli ti piacciono altrettanto, ne succederanno delle belle! Può succedere facilmente di chiudersi in una gabbia, per un'infinità di motivi, spesso paura. L'importante credo sia prenderne atto e imparare ad affrontare la vita a viso aperto, non è poi così dura e spaventosa come può sembrare :) secondo me dovresti continuarlo, è normale mettere qualcosa di sé in ciò che si scrive, e penso anche inevitabile. Scrivere è anche il miglior modo per conoscersi e prendere coscienza di sé, non avere paura ad esporti, le opere più belle sono proprio quelle che l'autore sente molto come proprie :)
EliminaCiao Marco! Grazie per la tua risposta, sei stato molto carino! Leggere i tuoi racconti mi ha fatto venire voglia di continuare il mio. Giá, a volte ci si chiude in una gabbia per paura ma anche per rabbia, per punire se stessi il che è peggio. Non so' ancora se riuscirò a continuare il racconto, far agire i personaggi significherebbe ammettere con me stessa che dalla gabbia ad un certo punto si deve uscire... forse il mio racconto non lo leggerá mai nessuno, ma proverò ugualmente a terminarlo per me stessa.
RispondiEliminaCalliope su google
Fabiola Sassi su twitter
Sfefania nella vita....