I tre uomini mi circondano minacciosi senza proferire
parola, come se non cercassero né spiegazioni né giustificazioni per quanto
stanno per fare. Non ne hanno bisogno, è così ovvio che altrimenti sarebbe
stata un'offesa alla mia intelligenza. Mi sono sempre domandato cosa si provi
in situazioni così spiacevoli, e purtroppo stanotte trovo la risposta: niente,
assolutamente niente. L'adrenalina e la paura annebbiano e intorpidiscono la
mia mente come valeriana a tal punto che non riesco effettivamente a provarla,
la paura. Mi rendo conto di esserne pregno dal tremolio delle mie mani e dal
mio fiato corto, tuttavia la mia mente è totalmente vuota, come in trance.
Vorrei pensare a qualcosa, qualunque cosa, per svicolare questa brutta
situazione, ma non riesco a pensare. La mia mente deve trovare la situazione
più noiosa che pericolosa, e decide di allontanarsi dal mio corpo per tornare
ad un tranquillo pomeriggio d'estate di tanti anni fa. Io e alcuni altri
allievi siamo seduti intorno al nostro maestro, sul prato antistante il dojo.
Un maestro, di qualunque tipo, si riconosce facilmente: è la persona alla quale
tutti prestano volentieri orecchio quando parla, qualunque sia l'argomento.
Così facemmo noi quel tranquillo pomeriggio, oziosi e pigri dopo una mattina di
intenso allenamento. Sapete, ragazzi", iniziò il maestro con tono
confidenziale, come a raccontarci un segreto, "il leone, in realtà, non si
meriterebbe affatto il titolo di "re della foresta". Nel suo habitat
non è l'animale più grosso, né il più forte, né il più veloce. Tuttavia, ogni
volta che combatte, non viene mai sconfitto. Mai. Vi siete mai chiesti il
perché?" chiese guardandoci negli occhi, con un sorrisetto furbo che gli
solcava il viso di rughe come dune nel deserto. "Perché conosce il karate?",
rispose scherzosamente un allievo, un giovanotto tanto talentuoso quanto
indolente, che trovavo piuttosto odioso. Ci fu una grande risata, a cui prese
parte il maestro, e per un istante fummo tutti uguali, senza né gradi né
differenze. "No, ovviamente no", rispose poi lui, tornando serio e
solenne, "è principalmente perché il leone attacca solo animali che è
sicuro di poter abbattere. Se tentasse con un elefante verrebbe schiacciato in
un attimo. Egli non cerca la gloria, non le grandi imprese o il coraggio, vuole
solo riempire la pancia, e in quello nessuno è meglio del leone. L'uomo, per
certi aspetti, gli è simile. Sappiate che, se verrete mai attaccati da
malintenzionati, quasi certamente egli è certo di potervi sconfiggere.
Ricordatevelo sempre, può sembrare un fatto di poco conto, ma è fonte di grande
sicurezza e forza, come di grande debolezza." Allora è così, per questo
non parlano: ho a che fare con dei leoni. Non sono ancora del tutto tornato da
quel tranquillo pomeriggio d'estate che mi ritrovo per terra, colpito dalla
zampata del leone. La cosa buffa è che, a causa dell'adrenalina, continuo a non
provare nulla, nemmeno il dolore. Sono come anestetizzato. Il dolore, quello
vero, verrà poi. Sempre che non mi uccidano. Resto del tutto inerte mentre
vengo continuamente colpito, dalla forte sensazione di calore che percepisco
alla tempia e al naso deduco che stia perdendo sangue. Credo sia la fine, anche
se non riesco a sentire nemmeno lei. Delle immagini confuse della mia vita
scorrono davanti ai miei occhi, come a ricercare, nella memoria, qualche modo
per scampare alla morte. Riesco solo a ricordare il nome di quella bimba dal
caschetto castano che mi piaceva all'asilo, e della quale mi ero completamente
scordato. La strategia per battere il boss finale in un vecchio videogioco
della mia infanzia. Le istruzioni di sicurezza dell'aereo. Niente su come
scampare alla morte, maledizione. Vedo i miei stessi occhi guardarmi confusi e
increduli a pochi centimetri dai miei. Rimango qualche istante a fissarli senza
capire, poi il mio campo visivo si allarga e scopro la più ovvia e cruda
verità: erano i miei occhi riflessi nella lucente lama di un coltello, messo in
bella mostra dal sogghignante leone come un figlio dotato. Non riconosco la
fine finché non mi è a pochi centimetri dal volto, e mi guarda con i miei
stessi occhi. Posso vedere entrambi i nostri sguardi, il mio spento e rigido,
il suo compiaciuto e al contempo feroce. Gli altri due leoni osservano la scena
in silenzio, pronti ad intervenire se anche solo provassi a reagire, senza
abbandonarsi ad atti denigratori o provocatori nei miei confronti. Sembrano
persone molto serie in quello che fanno, e in qualche modo mi viene naturale
provare una punta di rispetto nei loro confronti. Proprio mentre la fatale lama
sta per calare sul mio inerte corpo, talmente inerte da essere già morto, il
suo sguardo cambia. Non riesco ad immaginare cosa possa farlo cambiare proprio
ora che sta per concludersi tutto, cosa possa rompere la sua concentrazione e
determinazione. In un attimo il suo peso, che fino ad ora incatenava il mio
corpo al suolo, diventa meno opprimente, per poi sparire del tutto quando si
solleva e si allontana da me di qualche passo. Nei suoi occhi una paura cieca,
irrazionale, come avesse visto Lucifero in persona che, vestito da vigile e con
tanto di paletta in mano, gli fa cenno di accostare. Seguo il suo sguardo fino
all'orizzonte e allora, finalmente, lo vedo: un uomo distinto, si direbbe
piuttosto anziano, si staglia in controluce in lontananza. E' piuttosto
lontano, ma basta la sua figura indistinta per mettere in allarme i leoni, come
una scura nuvola all'orizzonte promette tuoni e fulmini. Nonostante ne scorga
solo la sagoma, deduco che è vestito molto elegantemente, con tanto di bombetta
e bastone da passeggio. Vorrei urlare qualcosa, dirgli di fuggire, ma la
tensione blocca la mia voce in profondità, prima ancora delle corde vocali,
molto più giù. D'altronde non credo riuscirebbe a sfuggire. Approfittando della
loro distrazione mi rialzo e mi guardo intorno: sono spariti. Li scorgo in
lontananza che fuggono terrorizzati, inciampando l'uno sull'altro e
spintonandosi. E' bastata la sagoma nera in lontananza di quel gentiluomo a
sgretolare tutta la loro fredda e composta determinazione, come un fuoco ha
allontanato e spaventato i leoni. Una forte nausea stringe come una morsa le
mie viscere, come a segnalare che ho ripreso possesso del mio corpo.
Anche il dolore inizia a farsi sentire, sebbene ancora vago e anestetizzato.
L'uomo si avvicina e sento finalmente di potermi rilassare e abbandonare, perdo
i sensi mentre le sue mani nerborute mi afferrano sotto le ascelle e mi
sollevano con facilità. Mi risveglio nel pavimento in legno marcio di una
fumosa e lercia bettola, deve trattarsi del bar che avevo scorto in lontananza.
Realizzo di essere salvo, e sono così sollevato e contento che mi viene da
piangere. C'è un forte silenzio nell'aria, e mi accorgo che tutti mi fissano
cupi e seri, come una equipe di medici osserva un malato incurabile. Poi
finalmente un uomo robusto sulla settantina, vestito pesantemente con un
giaccone di flanella, pantaloni logori e stivali, mi domanda: "l'hai
visto? L'hai visto davvero? Mi riferisco ad un uomo sulla settantina, vestito
come un gentiluomo, con bombetta e cappello. E' lui che ti ha portato qui?
Rimango un secondo in silenzio, a studiare l'espressione cupa dell'uomo, la grigia
barba ispida che cela un volto che non deve sorridere molto spesso. "Sì",
rispondo infine, sospirando, "quell'uomo mi ha salvato la vita, ero stato
assalito da tre malintenzionati e sarei rimasto ucciso, se non fosse stato per
lui. Non so come, ma la sua presenza è bastata a metterli in fuga. E' un
poliziotto, o qualcosa del genere?". I suoi occhi hanno un rapido guizzo,
poi si volgono in basso a destra, come a riportare alla mente un ricordo. Un
ricordo doloroso. "No, ragazzo mio", risponde mesto, "siediti
qui e ascoltami, devo raccontarti una storia molto importante. Temo tu sia
caduto dalla padella nella brace: sei in grave pericolo, e nessuno potrà
aiutarti, stavolta." L'uomo mi fa accomodare su un tavolino in disparte e
ordina due birre, domandandomi poi cosa volessi. Ordino una birra anche io e
aspetto che inizi a raccontare. "Come ti ho detto, sei in grave pericolo,
figliolo. Quell'uomo è un demonio, o qualcosa di altrettanto diabolico e pericoloso,
e se si è mostrato a te temo non avrai vita lunga ".
ciao ho letto il racconto bello sei bravo, i miei complimenti. Credo che quando pubblicherai il resto verrò a leggere. Se ti va vuoi leggere il mio ne sto scrivendo uno. Lo trovi qui:
RispondiEliminahttp://lettorenonpercaso.blogspot.it/2014/02/il-mistero-del-manoscritto-20-episodio.html
buona serata, ciao. Dimenticavo le buone maniere, mi chiamo Marta. ;)
Ciao Marta
Eliminaho letto il tuo racconto e mi piace molto, sei molto brava. La storia è originale e coinvolgente, complimenti! :)
Ciao, grazie mille per i complimenti, mi fa molto piacere! :) Spero ti piacerà! Lo leggerò molto volentieri, grazie. Molto piacere, io sono Marco. Buona giornata! :)
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